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#Working3D: sei domande a un professore universitario sulla realizzazione di microstrutture 3D in campo biomedico

Pubblicato il 20 Marzo 2025 da Nunzia A.

I progressi della stampa e biostampa 3D nel campo della ricerca medica sono sempre più promettenti. Uno degli utilizza della tecnologia è lo sviluppo di microstrutture e nanostrutture 3D che possono essere impiegate per capire il funzionamento delle cellule in un ambiente simile a quello del tessuto naturale umano. La biostampa 3D è un ottima alleata, ad esempio, per stampare in 3D tessuti danneggiati o tumori con cellule umane al fine di identificarne in maniera sempre più accurata il funzionamento ed individuare cure personalizzate efficaci.

Tra le università impegnate nella ricerca e nell’uso di tecniche di stampa 3D per le nanotecnologie in campo biomedico c’è la Delft University of Technology. Per saperne di più sui progetti di ricerca portati avanti dall’Università e su cosa significhi lavorare in questo campo e nella realizzazione di microstrutture 3D, abbiamo intervistato Angelo Accardo, Professore Associato presso il Department of Precision and Microsystems Engineering della TU Delft.

Il team della TU Delft con il professor Angelo Accardo.

3DN: Ciao! Puoi presentarti?

Sono Angelo Accardo, Professore Associato presso il Department of Precision and Microsystems Engineering della Delft University of Technology (TU Delft) in Olanda.

3DN: Come hai scoperto la produzione additiva?

Durante il mio post-doc presso il laboratorio LAAS-CNRS a Tolosa in Francia, ho cominciato a esplorare l’uso di tecniche di additive manufacturing assistite da luce/laser, in particolare stereolitografia e litografia a due fotoni.

3DN: Quali sono i maggiori benefici e le sfide dell’uso della stampa 3D per le nanotecnologie e in campo biomedico?

Queste tecniche di fabbricazione permettono di sviluppare micro e nano-strutture con livelli di risoluzione estremamente elevati (fino a 100 nanometri). A queste scale è possibile creare dei micro-scaffold in grado di interfacciarsi in maniera biomimetica con cellule sane o malate. Tali micro-strutture ingegnerizzate possono dunque essere impiegate per capire il funzionamento delle cellule in un ambiente simile a quello del tessuto naturale umano. Il passo successivo sarà quello di impiegare tali microstrutture 3D nell’ambito dell’ingegneria tissutale e della medicina rigenerativa, ovvero per la rigenerazione di tessuto danneggiato.

D’altro canto, in questo campo una delle sfide maggiori sarà quelle di rendere tali biomateriali completamente biocompatibili, per evitare reazioni avverse del tessuto rimanente, ma anche biodegradabili, al fine di “svanire” una volta raggiunta la rigenerazione del tessuto in questione. A tal proposito, sarà necessario impiegare scaffold dalle dimensioni complessive relativamente grandi (i.e. cm). La tecnologia di fabbricazione a due fotoni è ancora relativamente “lenta” sebbene estremamente precisa. Sarà dunque necessario esplorare nuovi approcci per aumentare la velocità di fabbricazione, utilizzando ad esempio la litografia “grayscale” a due fotoni, o sistemi a due fotoni multi-raggio, per citarne alcuni.

3DN: Su cosa si basa attualmente la tua ricerca?

La mia ricerca si basa sul design e la fabbricazione di micostrutture 3D per tre diversi tipi di applicazione: meccanobiologia, modelli in-vitro di malattie e ingegneria tissutale. L’articolo recentemente pubblicato sulla copertina della rivista Advanced Functional Materials, tratta il primo caso: le nanostrutture 3D fabbricate tramite litografia a due fotoni, presentano un diametro di poche centinaia di nanometri, che assomiglia a quello delle fibre della matrice extracellulare del cervello, così come a quello dei filopodia (le “dita” impiegate dalle cellule per sondare l’ambiente circostante). Il loro aspect ratio può  essere regolato per fornire un effective shear modulus relativamente basso (vale a dire, il modulo elastico rilevato dalle cellule quando strisciano sopra le nanostrutture) che si avvicina alla morbidezza del tessuto cerebrale umano. Questi segnali topografici e meccanici hanno quindi una profonda influenza sulla crescita e la direzionalità delle reti neuronali.

Confronto tra neuroni in ambiente 2D (a sinistra) e 3D (a destra).

Rispetto agli approcci convenzionali “Petri-dish”, in cui le cellule vengono coltivate su superfici piatte, di plastica o di vetro, molto rigide, il nostro approccio fornisce segnali topografici e meccanici più rilevanti dal punto di vista fisiologico, e influenzano notevolmente le proprietà delle cellule neuronali, come la direzionalità della rete neuronale e la morfologia dei coni di crescita (con cui i neuroni sondano la matrice extracellulare circostante per collegarsi ad altri neuroni). Lo sviluppo della rete neuronale e la morfologia del cono di crescita possono essere influenzati da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer (AD) e il morbo di Parkinson (PD). Con il nostro approccio, abbiamo dimostrato come è possibile guidare la formazione di reti neuronali fisiologicamente rilevanti e caratterizzare la morfologia del cono di crescita in modo quantitativo.

Prevedo l’uso della nostra piattaforma come modello di malattia in vitro ingegnerizzato per comprendere l’influenza dei principali tratti distintivi della malattia d’Alzheimer (placche amiloidi, grovigli neurofibrillari) e del Parkinson (corpi di Lewy) sulla direzionalità della rete neuronale e sullo sviluppo dei coni di crescita. Recentemente abbiamo anche sviluppato dei modelli 3D per il trattamento del cancro al cervello (glioblastoma) tramite protonterapia, tecnica di cura che rispetto ai raggi X (usati nella radioterapia), utilizza i protoni, componenti subatomici, per colpire le cellule cancerose.

microstrutture 3D

Sviluppiamo delle strutture tridimensionali che imitano il sistema microvascolare del cervello, ove le cellule di glioblastoma crescono e proliferano. L’obiettivo è di fornire degli stimoli meccanici, biochimici e geometrici alle cellule imitando le forme dei capillari e dei vasi sanguigni all’interno del cervello, tramite strutture 3D che sono fatte di biomateriale. Una volta coltivate le cellule di glioblastoma in questo ambiente 3D biomimetico, le portiamo all’interno del centro di protonterapia dell’Holland Proton Therapy Center, e le esponiamo a diversi dosaggi di radiazione. In questa configurazione è possibile cercare di calibrare la radiazione di protoni necessaria per danneggiare il DNA delle cellule tumorali e questo senza coinvolgere alcun modello animale.

3DN: Quali sono le qualifiche e l’esperienza richieste per ricoprire il tuo ruolo?

Una formazione ingegneristica o fisica di base è utile per sviluppare una forma mentis adatta al metodo scientifico. Ciononostante, durante gli anni si imparano innumerevoli aspetti oltre a quelli tecnologici, come quelli legati alla biologia cellulare e alle neuroscienze. Per ricoprire una posizione di professore in Olanda bisogna anche sviluppare doti di management e leadership che permettano non solo di dirigere il proprio gruppo di ricerca ma anche di coprire ruoli strategici all’interno dell’Università.

3DN: Quali consigli daresti a chi vuole svolgere la tua professione?

Passione, perseveranza e pazienza. Queste caratteristiche sono fondamentali nel mondo accademico e della ricerca assieme a quanto citato sopra. Inoltre bisogna perennemente nutrire la propria curiosità ed essere al passo con lo stato dell’arte attuale al fine di scrivere progetti di ricerca che poi vengano finanziati. Infine, è fondamentale avere una predisposizione verso l’insegnamento al fine di trasmettere non solo nozioni, ma anche un efficiente modus operandi agli ingegneri e agli scienziati di domani.

Cosa ne pensi dell’attività di Angelo Accardo presso la TU Delft? Se ti interessa l’argomento, non perderti la nostra pagina esclusiva dedicata alla stampa 3D nel settore medicale e dentale. Lascia un commento sui nostri canali FacebookLinkedIn e YouTube. Segui tutte le novità dal mondo della stampa 3D nella nostra Newsletter settimanale!

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