Un tessuto polmonare stampato in 3D per analizzare l’impatto dei fumi tossici sull’uomo

Pur non accorgendocene, durante la giornata siamo circondati da diverse esalazioni, alcune delle quali possono essere dannose per la nostra salute. Infatti, l’inalazione di sostanze chimiche come l’ammoniaca e il cloro può essere particolarmente pericolosa. Le persone più a rischio sono quelle che lavorano nei porti e nelle fabbriche, luoghi in cui queste sostanze vengono ampiamente usate e che possono quindi causare gravi danni a chi ne è esposto. L’ammoniaca e il cloro sono tra le sostanze più trasportate, soprattutto negli Stati Uniti, il che rende la loro gestione e manipolazione delicata e potenzialmente pericolosa.
Al fine di comprendere meglio i pericoli associati ad alcune sostanze chimiche, è nata una collaborazione tra The Chemical Security Analysis Center (CSAC) e il Wake Forest Institute for Regenerative Medicine (WFIRM), due realtà di ricerca americane. Insieme, stanno lavorando per ridurre gli effetti dell’esposizione a queste sostanze. Hanno realizzato delle cellule e dei tessuti polmonari umani grazie al 3D Bioprinting e li applicano poi su microchip per effettuare delle analisi approfondite.
Stampa 3D per ricreare e studiare il tessuto polmonare
Theresa Pennington, responsabile del progetto, sottolinea l’importanza della loro ricerca: “Il nostro programma Organ-on-a-Chip consiste nello stampare in 3D il tessuto polmonare, applicarlo su un microchip e poi esporlo ai vapori tossici. Questo approccio ci permette di capire meglio di qualsiasi altro strumento a nostra disposizione come il polmone umano reagisce alle sostanze chimiche gassose”. In questo senso, la stampante 3D della Wake Forest che permette di stampare il tessuto polmonare organico rappresenta un importante progresso rispetto ai metodi tradizionali precedentemente adottati. Rabih Jabbour, ricercatore principale del Science & Technology CSAC, spiega: “Con la tecnologia Organ-on-a-Chip, possiamo creare un sistema di tessuto polmonare usando la robotica. Stampiamo in 3D un modello di polmone che riproduce fedelmente l’ambiente di un vero polmone umano, completo di tessuto vivente. L’automazione robotica elimina l’errore umano, garantendo un’accuratezza ottimale”.
Il team si è informato e segue tutte le normative legali ed etiche per l’utilizzo di cellule di donatori. Queste cellule vengono inserite all’interno di una biostampante 3D, che le estrude sottoforma di tessuto simile a quello del vero polmone umano. “Il microchip misura appena 2,5 x 5 cm, o anche meno”, spiega il dottor Sean Murphy, co-direttore del progetto WFIRM. Al suo interno si trova un tessuto polmonare artificiale con canali minuscoli (60 micron di diametro), sottili come un capello umano, dove l’aria circola proprio come in un polmone vero. Facendo passare l’aria contenente sostanze tossiche, possiamo osservare come le cellule reagiscono all’inquinamento.
Il modello Organ-on-a-Chip consente di effettuare test in un ambiente stabile e riproducibile, limitando la necessità di servirsi di cavie animali per condurre gli esperimenti. Rispetto ai modelli animali, il tessuto polomonare stampato in 3D offre una maggiore aderenza alle caratteristiche del corpo umano. Le reazioni del tessuto animale possono non corrispondere a quelle dell’uomo pur essendo messe nelle stesse condizioni. Ma qual è l’obiettivo principale di questa ricerca? L’obiettivo è creare un database dettagliato delle sostanze chimiche pericolose e dei loro effetti tossici. Queste informazioni saranno essenziali per aiutare le autorità a prepararsi e a reagire a incidenti o attacchi. Una migliore comprensione dell’impatto delle sostanze tossiche è al centro di questa ricerca. L’obiettivo è individuare la possibile esposizione a questi fumi tossici e analizzarne gli effetti sulla salute, sia immediati che a lungo termine. Questi progressi tecnologici potrebbero anche aiutare i medici a scegliere i trattamenti migliori per i loro pazienti.
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*Crediti per tutte le foto : Wake Forest Institute for Regenerative Medicine (WFIRM)