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La tecnologia DLP può essere utilizzata per creare chip microfluidici?

Le applicazioni mediche della stampa 3D sono sempre più numerose. Una di queste, forse meno nota ma altrettanto importante, riguarda la microfluidica. I dispositivi microfluidici (chip microfluidici) sono nati negli ultimi 30 anni e sono stati rapidamente integrati in molte e diverse applicazioni biomediche, tra cui la ricerca sul cancro, lo screening dei farmaci, la somministrazione di farmaci e la diagnostica molecolare. Anche la produzione additiva viene utilizzata per produrre questi importanti dispositivi e una recente ricerca della Facoltà di Farmacia dell’Università Aristotele di Salonicco, in Grecia, ha mostrato come la tecnologia DLP possa essere utilizzata per la loro fabbricazione.

Come accennato, negli ultimi anni i dispositivi microfluidici stanno guadagnando popolarità. Ma cosa sono esattamente? La microfluidica è la scienza del controllo e della manipolazione dei fluidi su scala microscopica. Consente risposte rapide, un consumo minimo di campioni e un’elevata produttività. I dispositivi microfluidici, ovvero i chip microfluidici, sono un insieme di microcanali incisi o modellati in un materiale.  Tradizionalmente, i dispositivi di microfluidica sono realizzati in vetro, silicio e polidimetilsilossano (PDMS). Tuttavia, sempre più spesso vengono realizzati anche con la stampa 3D.

Il dispositivo microfluidico realizzato dai ricercatori.

In passato sono state utilizzate solo la stereolitografia (SLA) e la polimerizzazione a due fotoni (2PP), grazie alla loro precisione e alla capacità di produrre pezzi di dimensioni ridotte. Ma queste non sono più le uniche opzioni. Nello studio “Fabrication of a microfluidic device using Digital Light Processing (DLP) 3D printing”, Eleftherios Andriotis, Paraskevi Kyriaki Monou e Dimitrios Fatouros hanno illustrato come fabbricare un dispositivo microfluidico con il Digital Light Processing (DLP). I ricercatori sono riusciti a portare a termine questo compito con l’aiuto di Lino3D, azienda di stampa 3D con sede in Grecia.

La realizzazione dei chip microfluidici

Chi è esperto di stampa 3D sa che la DLP è una delle tecnologie di stampa 3D che utilizzano la fotopolimerizzazione. Tuttavia, a differenza della SLA, che utilizza uno strato da polimerizzare punto per punto, o dell’LCD, la DLP utilizza un videoproiettore per polimerizzare rapidamente e con precisione le resine strato per strato. EnvisionTEC, ora ETEC, è stata l’ideatrice della tecnologia e a lei i ricercatori si sono rivolti per la creazione dei loro dispositivi microfluidici.

In particolare, hanno deciso di utilizzare la resina E-RigidForm Amber e una stampante 3D ETEC D4K per creare il chip microfluidico. La resina simil-poliuretanica è stata utile perché è in grado di stampare parti per uso finale forti, dure e rigide. Inoltre, ha una buona deflessione termica e, soprattutto, è resistente all’acqua, un aspetto fondamentale quando si lavora con i fluidi.

Il file CAD che mostra il design del chip microfluidico.

Inoltre, la D4K è nota per la produzione desktop di pezzi ad alta risoluzione in diversi settori, tra cui la gioielleria e l’odontoiatria. Secondo ETEC, non solo ha la velocità più elevata per una stampante DLP standard, ma è anche in grado di produrre pezzi estremamente precisi con dettagli molto fini. Questo aspetto era ovviamente cruciale, poiché i dispositivi microfluidici vengono creati su scala microscopica e comportano canali estremamente dettagliati che devono essere realizzati perfettamente per il loro scopo.

I ricercatori hanno progettato il chip in AutoCAD 2019 prima di esportarlo come file STL. Nella progettazione, la larghezza del canale è stata impostata a 700 µm con luer lock attaccati agli ingressi e alle uscite per facilitare il collegamento dei tubi. Durante la stampa, l’altezza dello strato è stata impostata a 1 µm.

Sebbene la stampa sia stata un successo, in seguito i ricercatori hanno dovuto trovare un modo per rimuovere la resina liquida che bloccava gli ingressi e le uscite. Il lavaggio con alcool isopropilico (99,9%) non ha avuto successo, quindi si sono rivolti a una macchina automatica per la rimozione della resina, la DEMI 400 di PostProcess Technologies. Questo ha permesso ai ricercatori di pulire le parti stampate preservandone la qualità. Il risultato finale è stato ottimo e si spera possa aprire la strada a un numero ancora maggiore di applicazioni che utilizzano queste tecnologie. Per saperne di più su Lino3D, che ha contribuito in modo determinante alla creazione di questi chip, è possibile consultare il loro sitoweb: QUI.

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*Crediti per tutte le foto: Lino3D

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Pubblicato da
Nunzia A.

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