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La pulizia, una fase fondamentale della post-produzione per l’Additive Manufacturing

Pubblicato il 15 Febbraio 2023 da Nunzia A.
depolverizzazione

Dopo una rapida panoramica su cosa sia la post-produzione o post-processing nella stampa 3D, è il momento di entrare nel vivo della questione e iniziare con una delle prime fasi che si svolgono dopo la stampa. Si tratta della pulizia del pezzo, che comporta sia la rimozione dei potenziali supporti di stampa sia la rimozione del materiale in eccesso. Ovviamente, questa fase di pulizia può assumere diverse forme a seconda della tecnologia di produzione additiva utilizzata, del materiale impiegato o dei mezzi a disposizione dell’utente. Ad esempio, parleremo di depowdering per i processi a letto di polvere o di lavaggio per le tecniche che utilizzano la resina. È giunto il momento di esaminare questi diversi metodi e di comprendere le difficoltà associate alla pulizia durante la post-produzione.

Qualunque sia il processo di stampa 3D, spesso è necessario eseguire delle fasi di post-processing una volta che la stampante 3D ha terminato il suo lavoro. Rimozione di eventuali supporti, depolverizzazione, trattamento termico, finitura superficiale, verniciatura, ecc. Spesso considerata dispendiosa in termini di tempo, la post-produzione è sempre più automatizzata, con un numero crescente di soluzioni pensate per velocizzare questo lavoro ancora molto manuale. La pulizia è senza dubbio una delle fasi della post-produzione che richiede ancora troppo tempo, con difficoltà da superare.

Crediti foto: Matterhackers

Rimozione del materiale in eccesso

Rimozione della resina non polimerizzata

Nei processi in resina, una volta terminata la stampa 3D, è necessaria una fase di pulizia per rimuovere il materiale in eccesso che non è stato possibile fotopolimerizzare, in modo che non si solidifichi sulla parte superiore del pezzo. Quest’operazione di lavaggio del pezzo è una fase delicata, in quanto può influire sulla parte già polimerizzata. Per facilitare questa fase, oggi sono disponibili sul mercato diverse macchine: si tratta di una sorta di serbatoi contenente un liquido in cui l’utente inserisce i pezzi stampati in 3D. I produttori di stampanti 3D a resina offrono spesso le proprie attrezzature, come la Form Wash di Formlabs. La pulizia del pezzo comporta di solito l’uso di sostanze chimiche come l’alcol isopropilico (IPA) o l’etere monometilico di tripropilenglicole (TPM). Occorre dunque prestare attenzione alla sicurezza dell’operatore e indossare i dispositivi di protezione raccomandati.

Depolverizzazione

I processi di fabbricazione additiva che utilizzano polveri richiedono una fase di post-processing chiamata depolverizzazione o depowdering. Si tratta di rimuovere la polvere in eccesso che circonda il pezzo dopo la stampa. Questo aspetto è più o meno importante a seconda della tecnologia: nella SLS, ad esempio, i pezzi stampati sono incapsulati nel “blocco di polvere”. Dopo aver lasciato raffreddare il vassoio della polvere per un periodo di tempo sufficientemente lungo, a seconda del polimero utilizzato, l’utente dovrà rimuovere la polvere per raccogliere i pezzi. Questa fase può essere eseguita manualmente: sono necessari guanti e una maschera per evitare di inalare le particelle di polvere. Va notato che oggi la maggior parte delle macchine SLS offre stazioni di recupero della polvere dedicate, che facilitano questo lavoro di aspirazione, ma soprattutto il riciclo del materiale non sinterizzato. È infatti possibile recuperare questa polvere e mescolarla con una polvere “nuova” per una stampa successiva.

pulizia post-produzione

Crediti foto: 3D Logics

Una volta estratti i pezzi, la depolverizzazione viene conclusa con una spazzola per rimuovere il materiale non sinterizzato in eccesso. Tuttavia, se i volumi di produzione sono più elevati, è consigliabile investire in una soluzione di depowdering che permetterà di automatizzare questa fase e di dedicare il proprio tempo a un altro compito, ma soprattutto di andare a trattare aree molto più difficili da raggiungere (a seconda della geometria dei vostri pezzi). Attualmente esistono diversi tipi di macchine: il più delle volte si parla di pulizia mediante sabbiatura. A seconda del budget e dei vincoli dell’ambiente di lavoro, si può avere accesso a soluzioni più o meno adeguate ed efficienti. Alcune sabbiatrici incorporano un tamburo rotante e una pistola ad aria compressa; altre sono semplicemente dotate di un aspiratore e di una cabina di sabbiatura.

Inoltre, utilizzando soluzioni di levigatura automatizzate, l’operatore può evitare diverse insidie. La pulizia manuale dei pezzi può causare irregolarità nel processo di depolverizzazione, impronte lasciate sul pezzo o ustioni dovute a un’esposizione troppo prolungata o ravvicinata alla pressione.

Rimozione dei supporti di stampa

Una volta che il pezzo è pulito, senza materiale in eccesso, è possibile rimuovere i supporti di stampa. Si noti che questi passaggi non si applicano ai processi a letto di polvere polimerica (SLS, MJF, SAF), poiché la polvere funge già da supporto. Inoltre, a seconda del processo di stampa scelto e della geometria del pezzo, è possibile saltare direttamente a questa fase di post-processing, senza pulire prima il pezzo – pensiamo ad esempio al processo FDM.

Oggi esistono diversi metodi di rimozione dei supporti, a seconda della complessità del pezzo, del materiale utilizzato e dei mezzi a disposizione dell’utente. Cominciamo con la rimozione manuale di questi supporti in plastica: si può fare direttamente con le dita (se i supporti sono accessibili e poco numerosi), oppure con l’aiuto di strumenti come pinze da taglio o un piccolo coltello o taglierino per tagliare nei vari punti di contatto. Si tratta di un lavoro molto accurato perché c’è il rischio di danneggiare la parte finale.

pulizia post-produzione

L’uso di pinze da taglio è comune per rimuovere i supporti di stampa (crediti foto: Formlabs)

Se si è utilizzato un supporto di stampa solubile, una seconda tecnica consiste nell’immergere il pezzo in acqua o in una soluzione chimica (se si tratta di HIPS, ad esempio, limonene, mentre il PVA si scioglie in acqua). Inoltre, esistono macchine dedicate alla rimozione dei supporti in plastica che automatizzano questa fase e offrono risultati molto precisi.

Infine, per i supporti di stampa 3D in metallo, di solito sono necessarie macchine CNC come una fresatrice o macchine da taglio a filo.

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*Crediti foto copertina: Spengler

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