Negli ultimi anni, la stampa 3D ha rivoluzionato il modo in cui vengono progettati e realizzati i materiali, aprendo la strada a innovazioni straordinarie. Una delle tendenze più promettenti è l’uso della biomimetica: l’imitazione delle strutture e delle strategie della natura per sviluppare materiali avanzati con proprietà uniche.
Un esempio è il recente progetto de l’Università di Genova e il Massachusetts Institute of Technology di Boston che vede l’uso della stampa 3D per lo sviluppo di un materiale ultra resistente ispirato alle diatomee, microalghe marine così piccole da risultare invisibili a occhio nudo. Nonostante le loro dimensioni, queste hanno notevoli proprietà: riescono ad immagazzinare dal 20 al 50% della Co2 prodotta sulla Terra. Ma non è tutto: il loro guscio protettivo ha caratteristiche meccaniche uniche: è il materiale naturale con più alta resistenza rapportata al peso e la struttura protettiva, chiamata frustolo, ha notevoli proprietà di assorbimento energetico.
Il nuovo materiale è stato utilizzato per stampare in 3D un casco protettivo dalla notevole resistenza.
Il frustolo delle diatomee presenta un’architettura gerarchica a più livelli, con una disposizione intricata di micro e nanopori che ottimizzano la resistenza strutturale, la dinamica dei fluidi che interagiscono con l’organismo vivente e l’assorbimento di luce solare. La loro organizzazione strutturale garantisce un equilibrio perfetto tra leggerezza, resistenza, galleggiamento, acquisizione di nutrienti, espulsione di scarti e conversione energetica per il sostentamento della cellula. Di conseguenza risultano uno straordinario modello di materiale resistente multifunzionale.
L’architettura complessa e multiscala dei frustoli di diatomea ha incuriosito a lungo scienziati, ingegneri e anche artisti, ma fino ad oggi non erano state identificate in maniera univoca le strategie progettuali alla base del loro design. Il team di ricerca dell’l’Università di Genova e del MIT di Boston si è messo al lavoro per dimostrare, dunque, che ispirandosi a questi capolavori microscopici è possibile portare innovazione nella progettazione di materiali multifunzionali. Utilizzando il Design for Additive Manufacturing, sono riusciti a riprodurre la complessa struttura interna delle diatomee in un materiale stampato in 3D.
Grazie a un approccio integrato che combina stampa 3D, simulazioni numeriche e analisi di fluidodinamica computazionale, il team ha ottenuto risultati notevoli. “I risultati possono fornire nuove idee per lo sviluppo di nuovi materiali e sistemi intelligenti capaci di svolgere più funzioni e aprire la strada a nuovi approcci biotecnologici per ridurre la CO2 nell’atmosfera, per indicare lo stato di salute delle acque, per catturare la luce in modo efficiente, per sviluppare nuovi dispositivi di protezione” – spiegano i ricercatori.
Il materiale innovativo stampato in 3D e ispirato alle diatomee può offrire vantaggi significativi in numerosi applicazioni. Tra queste troviamo calandre per automobili, per migliorare i flussi d’aria, riducendo il peso e aumentando la resistenza strutturale; membrane microporose per la cattura di CO2, che uniscono alta porosità e robustezza meccanica per una gestione più efficace dei gas; sistemi di rilascio di farmaci, con una porosità controllata che garantisce profili di rilascio precisi e maggiore durata; robotica soffice, sfruttando combinazioni di leggerezza e flessibilità per la realizzazione di attuatori fluidodinamici avanzati. Questi sono soltanto alcuni esempi.
In particolare, il team ha dimostrato che il nuovo modello di materiale ha prestazioni incredibili in termini di assorbimento energetico realizzando e testando un nuovo concept di casco protettivo, chiamato D-HAT. I test hanno dimostrato che il materiale stampato in 3D e ispirato alle diatomee è capace di sostituire le attuali schiume o strutture a nido d’ape.
a) Il grafico mostra la relazione tra l’assorbimento di energia elastica e la densità per vari materiali. Le strutture biomimetiche (evidenziate in blu e giallo) superano sia le strutture a nido d’ape che le schiume. b) Sviluppo del D-HAT, dalla progettazione basata sull’utente, l’ottimizzazione della struttura gerarchica del rivestimento del casco, le simulazioni per la verifica della sicurezza e la stampa 3D finale del prototipo. c) Prototipo D-HAT stampato in 3D.
Questo nuovo passo avanti nello sviluppo di nuovi materiali grazie alla stampa 3D dimostra il ruolo chiave di questa tecnologia verso nuovi modi di pensare, progettare e produrre. La natura, dal canto suo, si conferma maestra per la realizzazione di sistemi efficienti, resistenti e sostenibili, evidenziando il potenziale delle soluzioni presenti in natura per l’innovazione tecnologica. I risultati dello studio sono consultabili QUI.
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*Crediti fotografici per tutte le foto: Università di Genova
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