Medicale e Dentale

Una nuova tecnologia di stampa 3D aiuta a ricostruire il tessuto muscolare scheletrico

Una delle sfide più complesse che la medicina rigenerativa deve affrontare è quella della perdita volumetrica del muscolo scheletrico, conosciuta come VML (Volumetric Muscle Loss). È un fenomeno che si manifesta a seguito di traumi o operazioni chirurgiche e che, nei casi più gravi, può compromettere in modo irreversibile la funzionalità muscolare. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi il muscolo sano è in grado di rigenerarsi da solo. Tuttavia, quando la perdita di tessuto è volumetrica ed è superiore al 20% del peso del muscolo, questo non riesce a ripararsi completamente.   

Fortunatamente, gli studi condotti nel campo della SMTE, ossia dell’ingegneria del tessuto muscolare scheletrico, hanno rilevato come la stampa 3D possa essere un alleato utile per migliorare le condizioni dei pazienti affetti da VML. Recentemente, il dipartimento di Biologia dell’Università di Tor Vergata ha utilizzato una tecnologia di stampa 3D innovativa chiamata RoWS (3D Rotary Wet-Spinning), detta anche a filatura rotante, capace di riprodurre tessuto muscolare in laboratorio.

Modello di rendering 3D della tecnologia di stampa 3D RoWS utilizzata dal Dipartimento di Biologia dell’Unversità di Tor Vergata che si compone di:  testina di stampa microfluidica (con approfondimento nella figura B), tamburo a filatura rotante e il braccio di movimento posizionato sull’asse X.  (Crediti fotografici: Research Gate)

Infatti, le tecniche tradizionali per il trattamento della VML si basano sull’autotrapianto, un procedimento che prevede il prelievo e l’innesto di tessuto proveniente dal paziente stesso per ripristinare le funzioni muscolari. Tuttavia, questa soluzione comporta purtroppo diverse limitazioni, tra cui la disponibilità di tessuto idoneo e il rischio di complicazioni post-operatorie. 

Il tessuto stampato in laboratorio, definito dai ricercatori dell’Università Tor Vergata come “mio-tessuto”, permette la rigenerazione del muscolo senza subire dei rigetti. Questa tecnologia si compone di una struttura rotante e di una testina di stampa microfluidica, grazie alla quale sono stati ricreati degli idrogel biomimetici. Questi iderogel sono stati arricchiti con dei periciti, reperiti da un campione di muscolo scheletrico umano di un donatore sano. In riferimento alla stampa 3D RoWS, Cesare Gargioli, docente del dipartimento di Biologia dell’Università di Tor Vergata, afferma: “In questo lavoro dimostriamo come la tecnica proposta possa essere utilizzata per creare un microambiente che promuove il differenziamento miogenico dei periciti derivati dal muscolo scheletrico umano”. In sostanza, questo mio-tessuto favorisce la riproduzione dei periciti, ossia un particolare tipo di cellule perivascolari che si posizionano attorno ai vasi sanguigni. I periciti si occupano di garantire la struttura e le funzionalità dei vasi sanguigni. Lo studio è stato condotto in un’ottica proteomica, ossia studiando la struttura e le funzioni delle proteine che vengono prodotte o modificate da un organismo o un sistema biologico, e per faro si sono serviti della spettrometria di massa, ossia una tecnica utile per rilevare sostanze sconosciute o tracce di sostanze.

 

A sinistra, uno schema rappresentativo che riassume il flusso di lavoro. A destra, una fotografia istologica di un tessuto muscolare scheletrico umano. (Crediti fotografici: (sinistra) ResearchGate, (destra) Università di Genova, fotografia di Amleto De Santanna)

Cesare Gargioli spiega i risultati di questa tecnologia: “L‘ambiente 3D conferisce un microambiente meno mitogeno rispetto alle colture 2D standard, favorendo la formazione di fasci contrattili di miotubi derivati da periciti e in più spegnendo l’attività delle molecole di adesione cellulare”. In sostanza, un ambiente meno mitogeno riduce la proliferazione eccessiva e non specializzata delle cellule, favorendo così che queste invece maturino in forma di fibre muscolari più funzionali. L’ambiente 2D delle colture al quale si fa riferimento è quello bidimensionale del vetrino, mentre la scelta di Cesare Gargioli di servirsi di un ambiente 3D, più simile quindi ai tessuti del corpo, ha permesso di ottenere non solo risultati più accurati, ma ha anche favorito una maturazione più realistica delle cellule. Infatti, l’ambiente tridimensionale creato con la tecnologia RoWS permette ai periciti di differenziarsi meglio e di creare un tessuto muscolare più strutturato e funzionale. Infine, la riduzione dell’attività delle molecole di adesione cellulare consente alle cellule di muoversi più liberamente, permettendo loro di riorganizzarsi più facilmente e di formare quindi un tessuto muscolare maturo. 

In conclusione, le indagini in vivo effettuate sui modelli murini, i quali erano affetti da VML, sono state particolarmente positive. Questi test condotti sui tessuti animali hanno permesso di constatare come la tecnolgia RoWS favorisca l’incremento delle proteine strutturali della matrice muscolare. Ma non solo, con la stampa 3D si sono ottenute un numero maggiore di proteine di contrazione rispetto ad altre tecnologie di coltura 3D. Dunque, la stampa 3D RoWS  permette di creare un tessuto sostitutivo perfettamente compatibile con le caratteristiche di quello originale del paziente, favorendo l’integrazione dell’impianto nel muscolo e la rigenerazione dello stesso. Al momento, queste indagini sono state condotte unicamente in laboratorio, servendosi di modelli animali. Ma a seguito di questi esiti positivi, la RoWS potrebbe essere introdotta anche nelle procedure cliniche e fornire così un’alternativa valida per curare la VML. Per saperne di più su questo studio è possibile consultarlo nel dettaglio QUI.

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*Crediti foto di copertina: Università degli studi di Roma Tor Vergata.

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Pubblicato da
Elisa L.

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