L’elettronica stampata in 3D è davvero il futuro?
Spesso, l’innovazione nasce per pura casualità. È quello che hanno scoperto i ricercatori del MIT, Massachusetts Institute of Technology, mentre si servivano della stampa 3D per creare delle bobine magnetiche utilizzando filamenti di polimero arricchiti con nanoparticelle di rame. Hanno osservato una proprietà inaspettata del materiale: una forte resistenza alla corrente elettrica che, una volta interrotto il flusso, tornava al suo stato iniziale. Come mai questa scoperta è importante? Questa caratteristica permette di progettare transistor che agiscono come interruttori. Gli scienziati del MIT si sono prefissati un nuovo obiettivo: sviluppare le prime porte logiche a stato solido senza semiconduttori, interamente stampate in 3D, oltre ai fusibili ripristinabili, anch’essi stampati grazie all’additive manufacturing. Il loro successo è stato confermato con la pubblicazione lo scorso luglio dei risultati della loro ricerca.
Le porte logiche sono dei componenti fondamentali per un circuito digitale. Di solito, questi dispositivi si basano su semiconduttori, spesso costituiti da silicio o altri materiali le cui proprietà elettriche possono essere modificate. Il silicio, ad esempio, può essere trattato per creare aree conduttive o isolanti, rendendolo ideale per la fabbricazione di transistor, un elemento chiave dell’elettronica moderna. Tuttavia, va notato che i dispositivi a semiconduttore non sono sempre facilmente disponibili, poiché la loro produzione richiede l’impiego di strutture specializzate. La pandemia di COVID-19 ha fatto emergere questa vulnerabilità, favorendo la carenza dei centri di produzione di semiconduttori che hanno contribuito alla scarsità di molti prodotti elettronici.
La possibilità di produrre porte logiche senza semiconduttori apre nuove prospettive per la produzione di elettronica a livello locale. Sebbene questa idea sia ancora lontana da un’applicazione concreta, i ricercatori del MIT hanno fatto un importante passo avanti stampando in 3D interruttori destinati a queste porte logiche. Questo processo di fabbricazione si è rivelato più efficiente dal punto di vista energetico e ha prodotto meno scarti rispetto alla produzione classica di semiconduttori, principalmente grazie all’uso di materiale standard per la stampa 3D e un polimero arricchito di rame, sia economico che biodegradabile.
I ricercatori del MIT hanno testato diversi filamenti per la stampa 3D, tra cui polimeri arricchiti con carbonio, nanotubi di carbonio e grafene, ma nessuno di questi è riuscito a funzionare. Secondo l’articolo pubblicato dal MIT sui loro lavori, “[i ricercatori] ipotizzano che le nanoparticelle di rame presenti nel materiale si disperdano sotto l’effetto del calore generato dalla corrente elettrica, provocando un aumento della resistenza, che si riduce quando il materiale si raffredda e le particelle di rame si riavvicinano. Ritengono anche che la base polimerica del materiale passi dallo stato cristallino a quello amorfo con il calore, per poi tornare allo stato cristallino raffreddandosi”.
Luis Fernando Velásquez-García, ricercatore principale presso i Microsystems Technology Laboratories (MTL) del MIT e autore principale dello studio che descrive questi dispositivi, sottolinea che sono necessarie ulteriori ricerche per capire perché il polimero arricchito di rame reagisce in questo modo. Sebbene il dispositivo non sia ancora performante quanto i transistor in silicio, è comunque in grado di svolgere semplici funzioni di controllo, come l’accensione e lo spegnimento di un motore. Inoltre, dopo 4.000 test, il transistor non ha mostrato alcun segno di deterioramento.
L’elettronica stampata in 3D diventerà veramente il futuro?
“Questa tecnologia offre reali vantaggi”, ha dichiarato Velásquez-García. “Sebbene non possiamo competere con il silicio come semiconduttore, il nostro obiettivo non è necessariamente quello di sostituire le tecnologie esistenti, ma di esplorare nuove possibilità con la stampa 3D. In sintesi, si tratta di rendere la tecnologia ancora più democratica. Questo potrebbe consentire a chiunque di realizzare dispositivi intelligenti, anche essendo lontano dai centri di produzione tradizionali.”
Nel loro articolo pubblicato sulla rivista Virtual and Physical Prototyping, i ricercatori sottolineano che “la personalizzazione e l’accessibilità intrinseche della produzione additiva tramite estrusione di materiali rendono questa tecnologia potenzialmente rivoluzionaria”. Il loro studio conclude affermando che “questo lavoro rappresenta un punto di partenza per la democratizzazione della produzione di dispositivi elettronici senza semiconduttori e offre un interesse immediato per la creazione di dispositivi intelligenti e su misura, anche lontani dai centri di produzione tradizionali”.
Il MIT ha annunciato che, in un futuro prossimo, i ricercatori prevedono di utilizzare questa tecnologia per stampare componenti elettronici completamente funzionali. Per ora, il loro obiettivo è progettare un motore magnetico utilizzando esclusivamente la stampa 3D FDM. Inoltre, vogliono migliorare il processo necessario che possa permettergli di realizzare circuiti più complessi ed esplorare i limiti di prestazione di questi dispositivi. Per saperne di più su questo studio consulta qui l’articolo del MIT.
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Crediti per tutti le foto: Massachusetts Institute of Technology.