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Il Da Vinci’s Bridge è il primo ponte autoportante italiano stampato in 3D in marmo ricilato

Pubblicato il 7 Gennaio 2025 da Elisa L.

L’eredità di Da Vinci è estremamente importante per noi italiani, sia che passi dai famosissimi quadri come La Gioconda e L’Ultima Cena per arrivare ai bozzetti dei fantomatici progetti della macchina volante alata e dell’automobile. Pochi sanno però che intorno al 1502 Bayezid II, sovrano di Istanbul, ha commissionato a Leonardo Da Vinci un ponte che avrebbe dovuto utilizzare principi geometrici e architettonici dell’arco centinato, della curva parabolica e della chiave di volta. Il ponte avrebbe dovuto collegare le due parti di Istanbul divise dal Corno d’Oro: il quartiere della colonia genovese di Pera-Galata a nord e l’antica Bisanzio-Costantinopoli a sud. Questo progetto non è stato mai realizzato da Leonardo perchè il sultano non lo trovò di suo gradimento. Per secoli, i bozzetti sono rimasti custoditi nell’archivio del Topkapi, fino a quando non sono stati resi pubblici dal presidente turco Erdogan.

Oggi invece, seguendo l’eredità del grande artista italiano, il dipartimento ArCoD del Politecnico di Bari insieme a WASP e alla start-up pugliese B&Y, aziende leader nel settore della stampa 3D e della lavorazione della pietra, hanno progettato il ponte Da Vinci’s Bridge. Già nel 2019 gli studiosi del MIT hanno stabilito che il progetto di Leonardo non solo fosse più attuale che mai, ma che fosse dotato di una struttura perfettamente antisismica. Il Da Vinci’s Bridge è estremamente innovativo perchè convoglia la sua struttura autoportante con l’utilizzo di materiali ottenuti dagli scarti di lavorazione del marmo.

Il progetto

Il progetto del Da Vinci’s Bridge è stato coordinato dal Prof. Giuseppe Fallacara del Politecnico di Bari, che ha curato la fase di progettazione. L’ottimizzazione del modello per la fabbricazione è stata affidata agli architetti Ilaria Cavaliere e Angelo Vito Graziano, entrambi del Politecnico di Bari e del FabLab Poliba, insieme a Mattia Morandi di WASP. Il professor Giuseppe Fallicara ha progettato il Da Vinci’s Bridge seguendo i bozzetti di Leonardo e creando un ponte dalla lunghezza di sei metri. L’orginale davinciano prevedeva un’altezza di 41 metri, una larghezza di 24 metri e una lunghezza di circa 300 metri.

Tuttavia, per creare questo ponte non sono state usate le pietre, come previsto del progetto orginale, ma ci si è serviti di un composto costituito per il 30% da polveri lapidee di scarto e da un legante a base di calce. La ricerca sui materiali ha coinvolto l’ing. Claudio Gallo e l’arch. Francesco Ciriello del Politecnico di Bari, con la collaborazione delle aziende B&Y e WASP.

La fase di fabbricazione, infine, è stata realizzata grazie al contributo di WASP, B&Y e Gurrado Marmi, che hanno lavorato insieme per portare alla luce il progetto attraverso l’uso della stampa 3D avanzata. Per dare vita al Da Vinci’s Bridge è stata utilizzata la stampante 3D di grande formato WASP 3MT LDM Concrete, ricreando una struttura complessiva di 13 conci con spessori variabili. Il team dell’università di Bari ha poi assemblato le varie parti utilizzando un sistema di centine temporanee che, sfruttando il principio della stereotomia, permettono al ponte di autosostenersi. La stereotomia è l’arte di sagomare la pietra affinché i conci si incastrino con precisione, formando strutture complesse e robuste senza ricorrere all’uso di leganti.

Il Da Vinci’s Bridge apre nuove prospettive di sviluppo, gettando le basi per ulteriori ricerche volte a migliorare le proprietà dei materiali e perfezionare le tecniche di stampa 3D. Le conoscenze acquisite potranno favorire l’adozione di soluzioni innovative in ambito architettonico, promuovendo un approccio più sostenibile e tecnologicamente avanzato per le costruzioni del futuro.

È altamente probabile che il futuro delle costruzioni vedrà un’alleanza sempre più solida tra la stereotomia e la stampa 3D per dare forma a geometrie complesse che sarebbero impossibili da realizzare con metodi tradizionali. Questa sinergia si presta perfettamente all’impiego di materiali innovativi, favorendo lo sviluppo di un’economia circolare in cui i materiali di scarto vengono recuperati e adattati a nuovi progetti architettonici.

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*Crediti fotografici: WASP

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