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D-Shape utilizza la stampa in 3D per preservare la biodiversità dei nostri oceani

Pubblicato il 16 Marzo 2023 da Nunzia A.
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D-Shape nasce dall’intuizione del pisano Enrico Dini, ingegnere, inventore e CEO dell’azienda che si propone di offrire e creare tecnologie per costruzioni meno costose e più “belle”. D-Shape è anche un brand e una tecnologia additiva che utilizza una stampante 3D Binder Jetting per l’architettura. Il loro progetto più importante? La stampa 3D di Artificial Reef per salvare il pianeta! Si tratta di moduli bio-attrattivi per ambienti sottomarini, già stampati per diversi progetti nel mondo, che servono per la protezione e il restauro costieri. Nella nostra intervista, Enrico Dini ci racconta l’esemplare storia della nascita di D-Shape e i loro progetti in corso per la salvaguardia della bellezza del pianeta. Buona lettura!

dini3DN: Ciao! Puoi presentarti e presentarci D-Shape?

Ciao! Mi chiamo Enrico Dini, sono un ingegnere e anche un inventore. Ho speso i primi quindici anni della mia vita nel campo dell’automazione e della robotica prima di ritornare al mio campo di formazione, l’ingegneria, con l’idea di stampare case in 3D. Provengo da una famiglia pisana che ha radici profonde nell’ambito accademico e industriale. Il mio antenato Ulisse Dini fu matematico insigne e rettore della Scuola Normale Superiore di Pisa; mio padre Egisto fu capo dell’Ufficio Calcoli della Piaggio di Pontedera e braccio destro del mio padrino, l’ingegnere Corradino D’Ascanio celebre inventore dell’elicottero e della Vespa. A loro devo la mia attitudine a inventare. D-Shape è il brand con cui le mie società veicolano la tecnologia di mia invenzione nota nel mondo accademico come Stampa 3D a letto di particelle. D-Shape designa al contempo una metodo di fabbricazione, un macchinario, e soprattutto un progetto con una missione nel campo dell’archiettura. Per quanto D-Shape produca stampanti 3D, oggi è completamente focalizzata nella produzione di moduli bio-attrattivi e rigenerativi per l’ambienti sottomarini, comunemente noti come Artificial Reefs, in inglese, o più impropriamente, in italiano, Barriere Coralline o Coralli Artificiali. Il quartier generale è a Londra, ma le unità produttive sono in Toscana. Recentemente abbiamo aperto uno Spin off a Hong Kong, la D-Shape Limited che ha l’intento di espandere D-Shape in Asia.

3DN: Come è nata D-Shape? Qual è il suo obiettivo principale?

Il progetto è nato nell’ormai lontano 2004 quando. Nel corso di una dimostrazione di una piccola stampante 3D a polveri ai tecnici della Piaggio ebbi l’idea che scalando il processo di due ordini di grandezza sarebbe stato possibile realizzare un fabbricato. Nel 2005 incoraggiato da Moreno Chiarugi e Roberto Nannini, due compagni di avventura che avevano caldeggiato l’idea, depositai un primo brevetto. Inizialmente si chiamava “Monolite” dall’idea di stampare case di “un solo pezzo”. Dopo ripetuti tentativi di far finanziare il progetto in Italia, non andati a buon fine, alla fine decisi di spostarmi in Inghilterra, dove nel 2006 ho fondato la “Monolite UK limited”, la prima società nata con l’intento di promuovere la costruzione digitale per via additiva al mondo delle costruzioni.

Infatti, all’epoca, il Contour Crafting, metodo di costruzione additiva per estrusione, inventato dal Prof. Behrokh Khoshnevis negli Stati Uniti e poi rinominato stampa 3D a estrusione, era confinato all’ambito della ricerca accademica. Nel 2007 depositai un secondo brevetto che risolveva alcuni problemi connessi alla effettiva fattibilità di un fabbricato. Realizzai così la mia prima stampante che nel 2008 collaudai realizzando, con il mio socio e fratello Riccardo, The Radiolaria Pavillon: un concept proposto dall’architetto Andrea Morgante dello studio londinese Shiro Studio. Ll’impresa apparve su diversi magazine di settore come “La prima struttura al mondo stampata in 3D”. Posso affermare con orgoglio che tutto quello che si vede oggi nel campo delle imprese dedicate alla stampa 3D a scala di architettura è qualcosa che è nato in quella prima iniziativa imprenditoriale. Il mondo delle costruzioni, estremamente conservativo per sua natura, prese atto che se qualcuno aveva fatto un’azienda di automazione per l’edilizia doveva esserci un fondo di futuro e di prospettive dietro. Quando sul web i primi esempi delle nostre realizzazioni divennero virali nel campo dell’architettura la nostra società di comunicazione propose un re-branding del progetto suggerendo D-Shape®. Questo oggi è il brand con cui Monolite UK e le varie concessionarie e spin off promuovono oggi la tecnica di stampa 3D di mia invenzione.

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Crediti: D-Shape

L’obiettivo principale di D-Shape è quello etico di offrire alle nuove generazioni di architetti uno strumento per materializzare bellezza a costo accessibile includendola nel costo di costruzione di un fabbricato. Ben ricordo all’epoca il mio sforzo di descrivere in una breve frase questo obiettivo etico, che è la nostra missione, nelle prime brochure che distribuivamo in giro. Era scritta in inglese, ma in italiano suonava più o meno cosi: “Vivere in un bel luogo aumenta la nostra autostima. La bellezza non dovrebbe essere un optional, ma essere compresa nel costo di costruzione. D-Shape intende contribuire a dare forma a un mondo migliore’’. Qualcuno dei vostri colleghi l’ha chiamata Democratizzazione della Bellezza.

3DN: Secondo te, qual è il maggior beneficio della produzione additiva?

Dentro di me, mi sono sempre sentito un architetto. Da bambino in casa c’era una cartolina che illustrava la Sagrada Familia a Barcellona. Quelle forme organiche mi affascinavano e quel tipo di architettura era quella che sognavo che avrei realizzato unn giorno. Ma quando decenni dopo frequentai il corso di Architettura Tecnica alla facoltà di ingegneria realizzai che c’era ben poco spazio per queste idee bislacche. Stampi e casseforme dritte e piani, senza fronzoli, altrimenti il costo va alle stelle. Fine della storia. Quando ancora un decennio dopo cominciarono a diffondersi nell’industria del design i primi modellatori di superfici, fra cui il democratico Rhinoceros (anni ’90) e i primi sistemi di “prototipazione rapida” (il nome che aveva all’epoca la “stampa 3D”) cominciai a capire che nel campo delle costruzioni c’era un Gap fra le nuove possibilità di creare forme di geometria complessa al CAD e l’effettiva possibilità di realizzarle.

Ecco perché ho deciso di sviluppare un sistema di stampa 3D a scala di architettura: perché essa consente di creare in senso compiuto la fusione fra ingegneria e architettura. Molti anni dopo capii che l’opera concepita da Antoni Gaudi era il primo esempio di Form Finding e di ottimizzazione topologica. Funzione statica e conglomerato cementizio ottimizzati in una forma che solo la stampa 3D è in grado di realizzare fisicamente a costi accessibili.

3DN: In che modo utilizzate la stampa 3D per la produzione di barriere coralline artificiali? Con quali materiali sono prodotte?

Le barriere coralline artificiali per essere veramente efficaci, in termini di potere bio-attrattattivo, devono essere caratterizzate da un elevato rapporto fra superficie e volume; devono essere ricche di cavità per ospitare specie di pesce diverse e devono essere dotate di elevata scabrezza per consentire ai coralli, alle gorgonie e a una estesa varietà di biomasse di attecchire sulla superficie. Generiamo queste forme ricorrendo principalmente all’utilizzo di applicativi di Geometria Generativa quale ad esempio Grashopper. Collaboriamo con noi brillanti architetti digitali, alcuni dei quali hanno dato vita a studi di architettura specializzati nella progettazione di Artificial Reef. Solo per citare qualche nome: fra gli australiani, James Gardiner, David Lennon, Alex Goad; in Spagna, Under Water Gardens; in Italia, Rossella Siani che disegna per noi forme davvero meravigliose.  Noi siamo stati i primi a fabbricarle con la tecnologia D-Shape, ma il nostro esempio è stato ripreso da numerose aziende nel mondo.

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I materiali che usiamo sono inerti di cava e leganti cementizi a base pozzolanica o magnesiaca. All’inizio la mia idea era di utilizzare gusci di conchiglie da processi di acquacultura. Facemmo esperimenti con successo e spero che presto produrremo anche Reef ulizzando questo materiale riciclato, che sarebbe perfetto in termini di economia circolare, bio-compatibilità e sostenibilità.

3DN: Quali sono i progetti a cui D-Shape sta lavorando attualmente?

Attuamente D-Shape è coinvolta nel progetto Ocean Citizens, un progetto in ambito Horizon2020 finanziato dall’Unione Euriopea in cui il nostro ruolo è produrre circa 400 moduli che saranno spediti a Tenerife, a Terragona, in Norvegia e in Danimarca. Abbiamo spedito, inoltre, 20 moduli in Albania nell’ ambito di un progetto di cooperazione internazionale. Siamo poi coinvolti in progetti finanziati con i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e altri con interventi nelle Marche, Puglia, Sardegna, Toscana. In Olanda e Danimarca collaboriamo con i WWF locali. Infine, a Hong Kong siamo coinvolti in progetti di rigenerazione nella baia di Hong Kong.

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Le operazioni sottomarine per l’installazione dei reef nella baia di Hong Kong. (Crediti: DFA Design for Asia Awards )

3DN: Quali sono le sfide più grandi che affrontate nella vostra attività?

La sfida di ogni giorno è di mantenere l’approccio olistico che ha caratterizzato in questi circa vent’anni il progetto D-Shape. Si tratta di sviluppare e perfezionare materiali e forme; ottimizzare i nostri mezzi di produzione per rendere accessibili i costi di produzione e ragionevoli i tempi di consegna; cercare di industrializzare i processi, pur mantenendo la vocazione artigianale e artistica dei nostri prodotti. Dobbiamo continuamente apprendere dalle interazioni con biologi marini, esperti di materiali, architetti e designer il modo di integrare tutte le esigenze per realizzare prodotti funzionali. Tutto questo, senza perdere mai di vista il nostro sogno di bellezza che ha fatto da motore alle nostre iniziative. In breve, continuare a produrre uno sforzo di sintesi fra tecnologia, ecosostenibilità e creatività.

3DN: Un’ultima battuta per i nostri lettori?

Vogliamo continuare a fare belle cose nel campo del restauro costiero per contribuire a salvare il pianeta. Resta l’idea di stampare belle case in 3D ‘di pezzo’, dalle fondazioni al colmo del tetto, compresi i solai, le scale, i bassorilievi e i patter biomimetici. Accadrà? Chissà! Aspettiamo che un costruttore illuminato butti il cuore oltre l’ostacolo e ci supporti nell’impresa di costruire una stampante D-Shape 12x12x12 adatta allo scopo! Il nostro motto: “Print big, Think Bigger!”

Per maggiori informazioni, il sito web di D-Shape: QUI.

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Crediti per tutte le foto: D-Shape

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