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Carne stampata in 3D: cos’è e quali sono le alternative alla carne disponibili?

Pubblicato il 28 Marzo 2024 da Nunzia A.

La carne è un alimento centrale nella dieta di molti Paesi nel mondo, ma il consumo di carne negli ultimi anni è al centro di numerosi dibattiti. I motivi alla base della preoccupazione legata al consumo di carne sono diversi: rischi per la salute dei consumatori, confermati da studi scientifici, inquinamento, allevamenti intensivi che non rispettano il benessere degli animali, sovrasfruttamento di terreni, eccesso di rifiuti animali da smaltire… e la lista non termina qui.

L’allevamento contribuisce in modo significativo al riscaldamento globale attraverso il rilascio di metano, un gas serra da 20 a 30 volte più potente dell’anidride carbonica. Per dare un’idea più specifica, questo contribuisce alle emissioni di gas serra più del settore dei trasporti a livello globale ed è il principale responsabile della deforestazione, dell’inquinamento delle acque e della desertificazione. Inoltre, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha stimato che la domanda di carne aumenterà del 70% entro il 2050. Il dato è preoccupante se si pensa che ad oggi gli allevamenti intensivi sono già al limite. In cima alla classifica c’è la Cina con i due più grandi allevamenti intensivi al mondo che contano dai 100.000 ai 230.000 bovini. Negli Stati Uniti, invece, gli allevamenti intensivi sono più di 21.000; in Spagna se ne contano quasi 3.400 e in Italia sono almeno 894 gli allevamenti altamente inquinanti, secondo Greenpeace Italia.

La produzione di carne nel mondo, quantificata in milioni di tonnellate di proteine (Crediti: FAO)

Abbandonare il consumo di carne non è certo un obiettivo raggiungibile in modo semplice e a breve termine. Eppure, un consumo più consapevole, limitato e valutare l’adozione di alternative vegetali alla carne potrebbe avere già un grande impatto. È senz’altro vero che negli ultimi abbiamo assistito a un’inversione di tendenza con un aumento di persone vegane e vegetariane soprattutto nei Paesi ad alto reddito, seppur questi rappresentino una minoranza nelle società occidentali, tra l’1 e il 10% nei Paesi europei, tra il 5 e il 7% negli Stati Uniti. Inoltre, per ragioni culturali, paesi come l’India contano una popolazione vegetariana molto numerosa, stimata tra il 30 e il 40% della popolazione totale.

In generale, con l’aumento della consapevolezza e dell’educazione circa le problematiche ambientali e legate alla salute che derivano dal consumo di carne, c’è una maggiore apertura verso prodotti alternativi. Il che spiega il numero crescente di aziende che decidono di investire e dedicarsi alla produzione di alternative alla carne, tra cui la carne stampata in 3D. Ma cos’è esattamente la carne stampata in 3D? Quante tipologie di carne stampata in 3D esistono? Si può acquistare nei supermercati? Approfondiamo il tema punto per punto.

Cos’è la carne stampata in 3D?

Il numero di aziende che decidono di investire nel settore della carne stampata in 3D è in costante aumento e, secondo uno studio di Exactitude Consultancy, si prevede che il mercato globale della carne stampata in 3D crescerà da 178.64 miliardi di dollari nel 2023 a 504.88 miliardi di dollari entro il 2030, a un CAGR del 16% durante il periodo di previsione.

Perché la carne 3D è interessante? La carne stampata in 3D è più rispettosa dell’ambiente, del benessere degli animali, personalizzabile ed economica. Esistano oggi tipi di carne stampata in 3D sia a base animale che vegetale, ed esistono alternative non soltanto alla carne di manzo, ma anche a quella di pollo, maiale, nonché alternative al pesce e ai frutti di mare.

Carne stampata in 3D a base vegetale

Il processo di creazione per le alternative a base vegetale consiste generalmente nello stampare in 3D un prodotto che abbia consistenza, sapore e aspetto della carne con paste alimentari a base di acqua, legumi, verdure e oli vegetali.

La prima azienda a riuscire nell’impresa è stata Novameat che ha creato nel 2018 la prima “bistecca” vegetale stata stampata in 3D, con le stesse proprietà nutrizionali di una comune bistecca, formata da 60-70% di acqua e dal 20% di proteine, provenienti dai piselli gialli, oli vegetali, aromi e coloranti naturali ed estratti di alghe utili per le fibre. Il risultato visivo è sorprendente e anche il sapore, in continuo miglioramento, si avvicina a quello una bistecca di manzo. Il risultato non fu per nulla scontato, perché prima di allora si era riusciti a riprodurre soltanto la carne macinata e processata. Nel video, le reazioni delle prime persone che hanno gustato la bistecca Novameat.

Giuseppe Scionti, esperto di ingegneria dei tessuti e biomedicina, è il fondatore della startup Novameat, con sede a Barcellona, ispirato dal 3D Bioprinting e dalla possibilità di questa tecnologia di imitare tessuti e organi umani, ha avuto l’intuizione di sviluppare una tecnologia proprietaria e di fondare Novameat: “Mi sono reso conto che se le stampanti 3D potevano imitare così bene il tessuto umano, allora avrei potuto generare un sostituto della carne con la stessa consistenza del tessuto animale“, ci ha detto. “Sono riuscito a generare qualcosa che aveva la stessa consistenza della carne, – ha aggiunto – a creare microfibre che non assomigliavano solo a un hamburger o a una polpetta, ma avevano la stessa consistenza del tessuto muscolare“.

carne stampata in 3d

Novameat è riuscita a riprodurre nei suoi prodotti la consistenza simile alla carne animale. (Crediti foto: Novameat)

Scionti detiene un brevetto sul microceppo che imita la consistenza naturale del tessuto della carne. Ha dichiarato a El País: “Utilizzo tecniche normalmente impiegate per la carne coltivata e tecniche prese in prestito dal bioprinting e adattate per l’uso con materiali per la carne di origine vegetale. La difficoltà sta nel riorganizzare le nanofibre delle proteine vegetali per farle sembrare proteine animali. Prima si deve studiare l’istologia del tessuto animale, come sono organizzate le fibre muscolari, e poi si deve cercare di replicare il tutto con ingredienti di origine vegetale che non sono stati modificati geneticamente“. La stampante 3D che utilizza è stata sviluppata dalla Fondazione CIM, un centro tecnologico collegato all’UPC, e estrude la pasta su un piatto di stampa seguendo un disegno creato da Scionti su un software CAD.

Dopo il successo di Novameat è stata la volta dell’azienda israeliana Redefine Meat che nel 2020 ha lanciato 5 formati di carne tar cui l’Alt-steak, una bistecca a base vegetale che l’anno successivo è entrata con successo nei menu di hotel e ristoranti in Israele, e dopo poco negli USA e in Europa.

La bistecca vegetale Alt-steak stampata in 3D di Redefine Meat (Crediti: Redefine Meat)

Carne stampata in 3D a base di cellule animali

Sempre nel 2020, la catena di fast-food KFC ha iniziato a sperimentazione dei nuggets di pollo stampati in 3D, questa volta da cellule animali di pollo.

La carne stampata in 3D a base animale, è arrivata ufficialmente nel 2021, quando la startup israeliana Aleph Farms ha sviluppato un metodo che imita il processo naturale di rigenerazione muscolare che avviene all’interno del corpo della mucca, ma in condizioni controllate. A differenza della carne stampata in 3D a base vegetale, questo metodo prevede la miscelazione di cellule adipose, fibre muscolari, cellule dei vasi sanguigni e altre, da cui si genera un bioinchiostro da utilizzare in un processo di 3D bioprinting. La carne così ottenuta replica il gusto, la consistenza e l’aspetto di quella a cui siamo abituati. Aleph Farms ha così prodotto la prima bistecca Ribeye, o costata di manzo, stampata in 3D con vere cellule di mucca. La stessa startup aveva qualche anno prima fornito la propria tecnologia per stampare, con successo, carne in 3D sulla Stazione Spaziale Internazionale, lontano da qualsiasi risorsa naturale. Lo scopo della missione era testare la possibilità di avere accesso alla carne sempre e ovunque, anche utilizzando risorse minime a disposizione.

Carne stampata in 3D da cellule coltivate con il 3D bioprinting. (Crediti: MeaTech/Steakholder Foods)

Il 2021 vede anche l’ascesa di MeaTech 3D, poi diventata Steakholder Foods, che fa la sua prima apparizione nel settore e annuncia di aver biostampato una bistecca da ben 104 g, che l’azienda afferma essere la più grande bistecca coltivata al mondo fino a quel momento.

Steakholder Foods è diventata presto una delle aziende più note per la produzione di carne coltivata e vegetale con la stampa 3D. Nel 2022 ha lanciato i bocconcini di manzo Omakase, ispirati alla marmorizzazione della carne di manzo Wagyu, sviluppati utilizzando stampa 3D a base di cellule di manzo. Arik Kaufman, CEO di Steakholder Foods, ha così commentato: “Questo prodotto segna un importante passo avanti per noi e per il settore della carne coltivata in generale. È il risultato di tanto duro lavoro e del nostro desiderio di raggiungere il più alto standard di carne possibile attraverso processi di bioprinting e coltivazione cellulare. Segna anche una pietra miliare significativa nella nostra ricerca per perfezionare il “Santo Graal” della carne: la bistecca. Vediamo i bocconcini di manzo Omakase all’intersezione tra cibo, tecnologia e belle arti. Vogliamo ispirare gli chef di tutto il mondo a creare capolavori culinari appetitosi ed esperienze culinarie indimenticabili”.    

Bocconcini di manzo Omakase (Crediti: Steakholder Foods)

L’azienda, oltre a commercializzare prodotti, vende anche la sua tecnologia e stampante 3D per carne e pesce. Questo vale anche per altre aziende come Redefine Meat.

Dove mangiare la carne stampata in 3D?

Se la carne stampata in 3D coltivata è disponibile solo in alcuni Paesi a causa delle normative severe in vigore, in genere non ci sono restrizioni particolari per quanto riguarda la carne stampata in 3D di origine vegetale.

Questi prodotti stampati in 3D sono disponibili oggi in numerosi ristoranti e supermercati nel mondo. La tecnologia e gli investimenti nel settore progrediscono e così anche la produzione è sempre più indirizzata a grandi volumi e può offrire prezzi più accessibili. Possiamo trovare la carne stampata in 3D dai ristoranti stellati ai fast-food. L’obiettivo per le aziende produttrici è fornire questi prodotti come alimenti di qualità, nutrienti e sostenibili.

La carne di manzo a base vegetale stampata in 3D di Redefine Meat, servita in un piatto da ristorante. (Crediti: Redefine Meat)

Lo chef stellato Marco Pierre White, ad esempio, ha inserito le preparazioni di Redefine Meat nei menù dei suoi ristoranti di Londra a un prezzo che va dalle 20 e alle 30 sterline. La carne di Novameat si può trovare, invece, ad un prezzo di circa 15-20 € al chilo in diversi ristoranti spagnoli. In Italia, a Roma, la “steakhouse sostenibile” Impact Food propone pietanze a base vegetale, tra cui la carne di Redefine Meat ad un prezzo da fast-food a partire da 12 €.

Ma non si tratta soltanto di bistecche di manzo, di recente le aziende Cocuus e Foodys hanno lanicato la produzione di bacon vegetale stampato in 3D su larga scala, oggi disponibile in numerosi supermercati spagnoli, segnando un importante passo avanti nel settore che ora mira sempre di più alla grande distribuzione. Se guardiamo anche al pesce, la startup Revo Foods negli ultimi tempi ha fatto scalpore per il suo salmone vegetale stampato in 3D, prodotto anch’esso su scala industriale, e che simula aspetto e consistenza del pesce. Chiamato The Filet è disponibile nei supermercati austriaci ed europei, insieme agli altri prodotti più recenti dell’azienda, come il polpo vegetale stampato in 3D.

bacon impreso en 3D en las estanterías del carrefour

Il bacon vegetale stampato in 3D di Foodys and Cocuus è più sano di quello di origine animale (Crediti: Foodys and Cocuus)

Insomma, se l’accessibilità a questi prodotti sembra essere finalmente maggiore (fino a qualche anno fa si trattava di prodotti sperimentali o molto costosi), la sfida più grande resta quella del sapore. Anche la consistenza della carne sembra essere stata raggiunta da molti marchi, i cui prodotti sono visivamente identici alla carne vera; il sapore, però, resta un elemento che inevitabilmente distingue la carne stampata in 3D da quella animale, e che ancora trattiene molti consumatori dal fare il passo verso la carne 3D. I produttori però continuano a lavorare e sperimentale per ridurre al minimo le differenze. Ci riusciranno nel breve futuro? Dati gli enormi progressi fatti in pochi anni, non è improbabile!

E la carne coltivata?

Naturalmente esistono anche altre alternative non stampate in 3D, come la carne coltivata in laboratorio o altri prodotti a base vegetale. Possiamo citare il “Beyond Burger” di Beyond Meat, “il primo hamburger al mondo a base vegetale che ha l’aspetto, la cottura e la consistenza della carne di manzo“, come sottolinea l’azienda. Oppure, l'”Impossible Burger” della startup californiana Impossible Foods. Un hamburger a base di piante che “offre tutto il sapore, l’aroma e la bontà della carne di mucca“.

Ma qual è la differenza tra carne stampata in 3D e carne coltivata? Studiata a partire dal 1970, la carne coltivata è diventata popolare per la prima volta nel 2000 dal ricercatore Jason Matheny. Bisognerà aspettare il 2013 per la prima polpetta di manzo coltivata in laboratorio, fu presentata al mondo da Mark Post dell’Università di Maastricht e consumata in una conferenza stampa a Londra.

Carne coltivata sviluppata da Mark Post (Crediti: Mosa Meat)

Si tratta una carne che viene prodotta in laboratorio. Per farlo, vengono prelevate delle cellule da un animale vivo o appena macellato, che vengono poste in mezzi di coltura per stimolarne la proliferazione. Le cellule sono così in grado di riprodursi da sole un gran numero di volte producendo un prodotto che ha l’aspetto, l’odore, il sapore e la consistenza della carne e che è potenzialmente disponibile in modo illimitato. Claire Bomkamp, scienziata a capo del dipartimento per la carne e i frutti di mare coltivati presso il Good Food Institute, afferma che è “la stessa cosa della carne tradizionale, ma togliendo dal processo produttivo gli animali”.

La carne coltivata, detta anche carne sintetica, stenta però ad essere ben accetta in numerosi Paesi per ragioni scientifiche, culturali o etiche. In Italia, ad esempio, dal 2023 la vendita e il consumo di carne coltivata sono vietati. Fa parte di questo gruppo anche la carne stampata in 3D da cellule animali coltivate. Non è il caso, invece, come menzionato in precedenza, della carne stampata in 3D di origine vegetale che è consumabile e disponibile nei ristoranti che la propongono.

Winston Churchill dichiarò nel 1931: “Tra cinquant’anni sfuggiremo all’assurdità di coltivare un pollo intero per mangiarne il petto o l’ala, coltivando queste parti separatamente in un ambiente adatto“. Ci vorranno un po’ più di anni, ma ci stiamo certamente muovendo in questa direzione, una buona notizia per il nostro pianeta e per gli animali.

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Crediti foto copertina: Redefine Meat

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