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Una biostampante 3D LEGO potrebbe facilitare la ricerca biomedica

Pubblicato il 10 Maggio 2023 da Nunzia A.
LEGO

I ricercatori dell’Università di Cardiff stanno costruendo una biostampante 3D LEGO in grado di stampare tessuti umani come la pelle, come rivela uno studio pubblicato su Advanced Materials Technologies. Hanno reso il loro modello open source e sperano che venga adottato dai ricercatori biomedici di tutto il mondo, contribuendo così a far progredire la ricerca nonostante le risorse finanziarie spesso limitate.

Il 3D Bioprinting non è una novità, ma il prezzo delle stampanti in grado di produrre cellule umane è dissuasivo, spesso pari a diverse centinaia di migliaia di euro, soprattutto per i gruppi di ricerca che non dispongono di un budget elevato. Eppure i ricercatori hanno bisogno di campioni di tessuto umano per studiare le malattie e sviluppare trattamenti.

Per ovviare a questo problema, un team di ricercatori della facoltà di Farmacia e Scienze farmaceutiche dell’Università di Cardiff ha costruito una stampante 3D con i LEGO. Anche in questo caso non si tratta di una novità assoluta, ma è la prima volta che una macchina costruita con i LEGO è in grado di stampare tessuti umani. I mattoncini Lego hanno il vantaggio di essere precisi, versatili e poco costosi. La bio-stampante è realizzata con mattoncini LEGO e mattoncini LEGO programmabili come LEGO Mindstorms.

I ricercatori dell’Università di Cardiff hanno messo alla prova la loro stampante 3D stampando cellule di pelle umana, nello specifico gocce di idrogel (un gel solitamente composto da polimeri in cui l’agente espandente è l’acqua) contenenti cellule di pelle umana vitali. Le gocce di bioinchiostro sono generate in microfluido e contengono cellule cutanee viventi simili a cheratinociti. Queste strutture gettano le basi per un modello di pelle artificiale tridimensionale.

La biostampante 3D LEGO a disposizione dell’intera comunità di ricerca

I ricercatori hanno reso disponibili i loro progetti come open source, con tanto di spiegazioni, con l’obiettivo di facilitare l’accesso al bioprinting a basso costo per i team di ricerca di tutto il mondo. “Ci siamo proposti di creare una bioprinter che chiunque potesse realizzare, con pochi soldi, ed è esattamente quello che siamo riusciti a fare. Il nostro documento illustra deliberatamente tutti gli elementi necessari per costruirla, compresi i nomi dei componenti LEGO utilizzati, nonché la sua capacità, in modo che la biostampante possa essere facilmente replicata in qualsiasi laboratorio, ovunque nel mondo“, spiega il dottor Sion Coulman, docente senior presso l’Università di Cardiff.

Bio-imprimante 3d lego

Abbiamo dimostrato che, sebbene sia stata realizzata con componenti semplici e poco costosi, questa biostampante è stata progettata con cura e soddisfa i criteri di precisione necessari per produrre materiale biologico senza alcun compromesso nelle prestazioni“, aggiunge il dottor Oliver Castell, Serious Brain Power Early Career Researcher e Senior Lecturer.

I ricercatori dell’Università di Cardiff sperano che la loro biostampante 3D costruita con i LEGO contribuisca ai progressi della ricerca nella comprensione delle malattie, nella progettazione e nella riparazione dei tessuti e renda possibile la personalizzazione della medicina stampando le cellule coltivate dai pazienti stessi.

Il team ha già iniziato la ricerca per stampare modelli di pelle vitali utilizzando la nuova macchina. Questi modelli saranno utilizzati per testare i trattamenti per le malattie della pelle e il cancro della pelle. Si sta valutando anche la possibilità di testare innesti di pelle.

Come sempre nel campo del bioprinting, saranno necessari ulteriori studi sullo sviluppo della compatibilità cellulare e sulla vitalità dei bioink. Ci auguriamo che, mettendo a disposizione la nostra stampante, i ricercatori adottino la tecnologia per condividere le loro competenze e sviluppare il modello aggiungendo pezzi di LEGO, a beneficio dell’intera comunità della ricerca biomedica“, conclude il dottor Oliver Castell.

Per ulteriori informazioni, consultare l’articolo dedicato sul sito web dell’Università di Cardiff e lo studio completo sulla rivista Advanced Materials Technologies.

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Crediti fotografici: Università di Cardiff

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